Nell’ultimo mese sono usciti in libreria tre opere di Francesco Brancato, giovane teologo siciliano e docente presso lo Studio Teologico “San Paolo” di Catania, autore di numerosi libri soprattutto sul rapporto tra scienza e fede, teologia e filosofia e sul dialogo con i non credenti o, come si usa dire, “diversamente credenti”. Sono opere molto diverse tra di esse e trattano questioni di filosofia, arte e scienza.
La prima opera: La materia vivente. Dio, uomo e natura in Hans Jonas, pubblicata dalle Edizioni Messaggero di Padova, è un saggio sul pensiero di Hans Jonas, un intellettuale filosofo formatosi in Germania sotto la guida di Heidegger e di Bultmann, che torna a discutere sui “venerabili problemi della filosofia” (Dio, uomo e natura), ma anche sul rapporto tra spirito e corpo, tra finalità e causalità, tra essere e dover essere, a partire dagli interrogativi dettati dall’esperienza quotidiana che l’uomo fa del mondo, della vita e di se stesso. Un ricco e articolato percorso filosofico che ha aperto scenari inediti nel campo della filosofia della natura, della filosofia morale e perfino della teologia.
La seconda opera: Vide e credette. Dire il credo con arte è pubblicata dalla medesima casa editrice padovana. Raccoglie delle riflessioni e delle meditazioni teologiche sui singoli articoli del Simbolo di fede attraverso l’esplorazione di alcune opere d’arte che nei secoli hanno mostrato il mistero annunziato dalla Chiesa, hanno “detto” il Credo con i colori e le immagini. Ecco, allora, la presentazione del Salvator Mundi di Antonello da Messina, dell’Annunciazione di Recanati di Lorenzo Lotto e di una grande Crocifissione del Tintoretto, per non dimenticare Caravaggio con la sua Deposizione nel sepolcro, Michelangelo Buonarroti con La conversione di san Paolo, e molti altri artisti e opere.
L’ultimo libro Brancato l’ha scritto, invece, con Piero Benvenuti, ordinario di Astrofisica delle Alte Energie presso l’Università di Padova, già responsabile scientifico europeo del telescopio spaziale Hubble nonché presidente dell’Istituto Nazionale di Astrofisica e attuale segretario generale dell’associazione internazionale di astronomia. Si tratta di un confronto misurato ed efficace tra due autori, un teologo e un astrofisico, che si distinguono «per la finezza della loro ricerca e la straordinaria limpidità del loro pensiero, che pure non abbandona mai le esigenze del rigore epistemologico», come scrive il Card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, nella sua intensa prefazione.
Il titolo del volume: Contempla il cielo e osserva. Un confronto tra teologia e cosmologia, pubblicato dalla casa editrice San Paolo, è tratto dal libro biblico di Giobbe (Gb 35,5) e riprende le parole rivolte da Eliu proprio a Giobbe, accusato di essersi proclamato senza colpa davanti a Dio. In questa espressione sono contenuti anche il senso e il programma dell’opera di Brancato con Benvenuti. La contemplazione e l’osservazione del cielo non sono, infatti, due atteggiamenti contrapposti, ma un unico movimento della ragione e dell’anima, del cuore e della mente. Lo aveva compreso bene già S. Agostino nei primi secoli della chiesa, quando aveva affermato: «Lontano da noi il pensiero che Dio abbia in odio la facoltà della ragione, in virtù della quale ci ha creati superiori agli altri esseri animati. Lontano da noi il credere che la fede ci impedisca di trovare o cercare la spiegazione razionale di ciò a cui crediamo, dal momento che non potremmo neppure credere se non avessimo un’anima razionale». Forte di queste riflessioni, lo scienziato Benvenuti nel suo intervento può scrivere: «Oggi, pur mantenendo la propria indipendenza metodologica del procedere scientifico, l’astronomia e la cosmologia hanno raggiunto una visione così unitariamente globale del cosmo che sono costrette a confrontarsi nuovamente con gli interrogativi fondamentali. Sentono, in altre parole, la necessità di dialogare con le conoscenze derivanti da approcci epistemologici complementari (…) questo studio cerca di analizzare alcuni degli elementi di novità che possono emergere da un confronto aperto, su un piano paritario non superficiale, delle attuali visioni scientifiche e teologiche sul cosmo». A partire da queste parole, si comprende bene come l’obiettivo che si persegue nel libro, anche quando viene dichiarato espressamente, sia quello di mettere in atto un vero e proprio “esercizio di dialogo” tra la teologia e la scienza, in questo caso la cosmologia, nella loro comune ricerca della verità. Una teologia e una scienza non chiuse pregiudizialmente l’una all’altra mostrano, infatti, di avere molte più cose in comune di quanto spesso si è disposti ad ammettere. L’attenzione intelligente alle istanze della scienza non toglie nulla alla teologia così come l’apertura agli orizzonti di senso dischiusi dalla teologia non depaupera la scienza nella sua legittima ricerca. Al confronto, sereno e critico, tra i due studiosi, fanno da sfondo alcune espressioni del filosofo della scienza A. N. Whitehead: «Quando noi consideriamo che cosa significhi la religione per l’umanità e che cosa significhi la scienza non è esagerato dire che il corso futuro della storia dipende dalla decisione della nostra generazione riguardo ai loro rapporti».