CALTAGIRONE – «Per un’autentica vita di fede che ci coinvolga totalmente e coinvolga tutti, dobbiamo mettere in cantiere seriamente tutta la nostra vita, non per banali accomodamenti, ma per un rinnovamento totale e profondo, per rifondare la nostra vita di credenti e di testimoni del Signore in questo mondo e in questi nostri giorni». Lo afferma S.E. mons. Calogero Peri, Vescovo di Caltagirone, nella Lettera pastorale sull’Anno della Fede.
La Lettera, presentata oggi alla comunità ecclesiale riunita in Cattedrale attorno al suo pastore per la solenne Concelebrazione eucaristica di inaugurazione dell’Anno della Fede e della prima Visita pastorale di mons. Peri, si sviluppa attorno al tema Passiamo all’altra riva. Itinerario di fede alla sequela di Cristo dentro le sfide della vita, approfondendo l’icona evangelica della tempesta sedata secondo il Vangelo di Marco (4,35-41).
«L’apertura dell’Anno della Fede – spiega mons. Peri -, che il Papa Benedetto XVI ha indetto dall’11 ottobre 2012 al 24 novembre 2013, vuole in maniera profonda ricordare i 50 anni dell’apertura del Concilio Vaticano II, evento di grazia che lo Spirito ha donato alla Chiesa universale, e i 20 anni della pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, strumento prezioso per la formazione alla fede pensata e vissuta».
Non si tratta di un evento fra i tanti, ricorda il Vescovo, ma di «un tempo di grazia, che ciascuno di noi, le nostre comunità parrocchiali e tutta la nostra Chiesa diocesana dobbiamo accogliere come un grande dono e un’opportunità preziosa da sfruttare sino in fondo per fare qualcosa di serio nella nostra vita e per la nostra vita».
In questo senso, ricorrendo all’icona biblica di una delle tante traversate del mare di Galilea che Gesù fa insieme ai suo discepoli, seguendo il Vangelo di Marco 4,35-41, mons. Peri propone alla Chiesa calatina un’esperienza spirituale per «rifondare e fare crescere la nostra fede, non soltanto al chiuso e all’ombra dei nostri campanili, ma alla prova della vita di ogni giorno e delle tante tempeste e paure che ci sfidano e ci sfiancano. Vogliamo – si legge nella Lettera pastorale – coscientemente vivere dentro la Chiesa, dentro le sue potenzialità e contraddizioni. In compagnia dei fratelli e delle sorelle che il Signore ci ha messo accanto. Con una vita sacramentale seria e alla luce della Parola di Dio».
La Lettera si sviluppa in quattro parti, che il Vescovo indica come orizzonti – l’orizzonte della vita; l’orizzonte ecclesiale; l’orizzonte battesimale e sacramentale; l’orizzonte della Parola – più un’appendice.
«La fede – scrive il Vescovo introducendo il primo orizzonte – ha a che fare, innanzitutto, con la vita e la sua concretezza. Con la vita di ogni giorno, con tutto quello che abbiamo messo in conto, ma anche con l’imprevisto e l’imprevedibile, che continuamente aggiornano o sconvolgono i nostri programmi».
Questa grande avventura, che è l’avventura della fede, «va fatta in prima persona e a tu per tu con Dio. A volte – sottolinea il Vescovo nella parte dedicata al secondo orizzonte, quello ecclesiale – la folla, la massa, ci dà una qualche sicurezza o garanzia, mai però ci dispensa dal cercare il Signore o da poterlo sostituire con altro e con altri».
Non soltanto è importante, quindi, non dimenticare di prendere Gesù sulla propria barca «per la grande traversata della vita, ma di prenderlo semplicemente e come è. Senza nessun accomodamento e senza condizioni».
In questo percorso, saranno tante le situazioni estreme che si affrontano ogni giorno. I discepoli, durante la tempesta, impauriti, decisero di svegliare Gesù. «Risvegliare Gesù – si legge nel terzo orizzonte indicato nella Lettera – è risvegliare la fede, la fiducia in lui. Perché solo la fede ce lo consegna vivo, ci consegna la sua Parola di vita, ci consegna Dio che si prende cura delle nostre paure, che fatica e lotta con noi e per noi. Solo la fede ci dice che non siamo mai soli, neppure quando pensiamo di essere solo in compagnia dei nostri drammi».
Alla centralità della Parola di Dio il Vescovo dedica il quarto orizzonte di meditazione e di rinnovamento spirituale.
«Senza la sua Parola, Dio non è Dio. Senza la sua Parola, Dio non è Dio per noi, non lo possiamo riconoscere e sentire come Dio. La nostra fede in Dio è ancorata alla sua Parola, altrimenti non è ancorata in nulla, non ha nessun fondamento, non ha nessuna rilevanza, in noi e nella nostra vita, in quella degli altri e di fronte al mondo. Questo sia su un piano esistenziale, sia su un piano sacramentale e comunitario. Ripartire dalla Parola e dal suo ascolto, attento, profondo, continuo, convinto, getta le basi, per poter ripartire a vivere dalla fede, con la fede e per la fede. Infatti, il discepolo del Signore non vive che di fede».
«In qualunque condizione ci possiamo trovare – conclude il Vescovo di Caltagirone -, il passaggio alla fede, è il passaggio dalla paura alla fiducia. È il passaggio dal pensare che a Dio non gliene importa di noi, al sentirlo invece buon samaritano per tutti e in tutte le strade del mondo. È il passaggio a quel vertice di luce che avviene anche attraverso e dentro le tenebre, passaggio per diventare lucenti pur in mezzo e grazie al torchio che bisogna attraversare».
In Appendice sono indicati gli Orientamenti pastorali per l’Anno della Fede.
Sono quattro i verbi proposti come categorie-forti per questo tempo, individuati facendo riferimento alle quattro Costituzioni del Concilio Vaticano II: accogliere (Dei Verbum), vivere (Lumen gentium), celebrare (Sacrosanctum concilium) e testimoniare la fede (Gaudium et spes).
«Ci chiederemo – aggiunge il Vescovo -, facendo riferimento alla Dei Verbum, come accogliere la Parola per vivere la fede. Rifletteremo, con la Lumen gentium e con la Sacrosanctum concilium, sulla Chiesa come luogo in cui questa fede viene vissuta e maturata, e come luogo in cui la fede viene celebrata. Ed infine, come ha insegnato la Gaudium et spes, ci confronteremo sulla possibilità e le modalità attraverso le quali testimoniare la nostra fede al mondo».
4 ottobre 2012