CALTAGIRONE – Ti amerò per sempre. È stato questo il suggestivo tema della Festa diocesana degli innamorati e dei fidanzati, celebrata ieri, 9 febbraio, presso la Parrocchia di San Giovanni Bosco. L’evento è stato promosso ed organizzato dall’Ufficio diocesano per la Famiglia (UDF).
La Festa, alla quale hanno partecipato i fidanzati, ma anche famiglie e giovani coppie, è stata articolata in tre momenti.
Il primo di riflessione sul tema dell’incontro. I coniugi Fortuna e Enzo Ruggieri, condirettori dell’UDF hanno affrontato la questione del “per sempre” in amore.
Alle ore 19.00, S.E. mons. Calogero Peri, vescovo di Caltagirone, ha presieduto la Celebrazione eucaristica (il momento liturgico).
A seguire, alle ore 20.00, i giovani dell’Oratorio parrocchiale hanno portato in scena il musical Madre Teresa (testi di Piero Castellacci, musiche di Michele Paulicelli), per la regia di Loredana Monaco, con le coreografie di Erik Cataldo e Ilaria Napolitano, e la scenografia di Giacoma Cultrera, Mario Ligama e Francesco Bizzini. È stato il tempo della condivisione conviviale.
I lavori sono stati introdotti dai direttori dell’UDF, don Antonio Carcanella, Lorena e Pino Busacca che hanno sottolineato lo scopo della Festa non solo nell’attenzione ai temi propri dell’amore e dell’innamoramento, ma soprattutto nell’impegno della comunità cristiana nell’affascinante sfida dell’educazione all’affettività, in particolare per i fidanzati.
«Il per sempre in amore – ha detto Fortuna Scavo Ruggieri – ha un duplice effetto: è il desiderio, il sogno ma è anche il timore di non riuscire a mantenere la promessa. La sfida di ogni coppia è riuscire, quindi, a mantenere vivo l’amore nel tempo che si trascorrerà insieme. Per gli sposi cristiani la forza di vivere nella promessa è data dalla vicinanza con il Signore che riesce come a Cana rinnovare l’amore, anche l’amore più maturo, regalando alla coppia un secondo vino bello e migliore del primo vino».
La sfida per questo amore concreto, solido, duraturo è certamente ancora più grande nell’era digitale, della società liquida dalle relazioni più virtuali che reali.
Su questo aspetto della questione Fortuna Scavo Ruggieri è stata molto chiara. E citando il cardinale Ravasi ha ribadito: «di fronte a questi fenomeni la famiglia cristiana è chiamata a non richiudersi dietro le porte blindate, perché non è una monade, ma la prima cellula della società e questo la carica di responsabilità. Allora noi dobbiamo sentire la responsabilità di accompagnare e sostenere le giovani coppie affinché il sogno del per sempre diventi una realtà».
Sulle provocazioni alla famiglia che vengono da una certa cultura nichilista e relativista caratterizzata da un forte individualismo e dalla tendenza a rendere le relazioni umane sempre più provvisorie, precarie ed instabili, si è soffermato anche Enzo Ruggieri.
«In questo contesto – ha detto – il matrimonio, diventa già fin dai primi anni, un vero banco di prova per il mantenimento di rapporti saldi. Il tema dell’amore che non finisce, per sempre, è quindi una reale domanda che qualsiasi coppia di innamorati, sposati o non ancora, si pone concretamente. Gli sposi, che vivono l’influsso della cultura attuale, spesso legato ad una logica egocentrica, non sono facilitati nella costruzione di legami di appartenenza e possono rischiare l’isolamento. Come una barca che cerca la via per raggiungere il mare aperto, la coppia spesso avverte la difficoltà a mantenere la rotta giusta e può essere risospinta verso le risacche della autoaffermazione, dell’esclusione, dell’aggressività».
Come si può reagire?
Ruggieri ha proposto tre idee guida: la forza umile dell’amore, la tenerezza, il desiderio di sedurre.
«La vita di coppia – ha detto – si trova costantemente di fronte a questa alternativa: far prevalere l’orgoglio o l’umiltà? La sola ragione o le ragioni del cuore? La forza umile dell’amore indica il coraggio di accettare se stessi e i rispettivi limiti; significa far trionfare la tenerezza come scelta, come progetto, come disponibilità interiore. La tenerezza – ha aggiunto – è flessibilità, apertura di cuore, disponibilità al cambiamento, non è “tenerume”, debolezza, sentimentalismo, ma capacita di preoccuparsi per l’altra persona; è dire grazie con la propria vita perché ci si sente amati e si ama. Inoltre si può coltivare il desiderio di sedurre ed essere sedotti: la seduzione ci spinge a rivelarci, non solo in senso fisico, ma anche razionale e spirituale. Quando i due credono di conoscersi totalmente o danno per scontato l’altro/a, non si affascinano più, non ricordano i motivi per cui si sono trovati affascinanti l’uno agli occhi dell’altra. Accettare il lento cammino della seduzione implica un offrirsi ed un ritrarsi che va lontano dalla logica del “tutto subito”, per riaprire continuamente la porta della propria intimità. Ciò getta le premesse per un lungo cammino insieme».
Il momento di riflessione è stato concluso da mons. Peri che ha esortato i presenti a vedere nell’amore la possibilità di una lettura-altra della vita. «Amarsi – ha detto il Vescovo – è accorgersi della diversità, è accogliere la diversità che arricchisce. Amarsi è chiedersi: dove vogliamo andare insieme? Chiedersi, cioè, non quale è la fine, ma qual è il fine dell’amore. In questo percorso, poiché la nostra vita si svolge nella storia, non dobbiamo avere paura dei cambiamenti, delle difficoltà. L’amore matura, cambia, si evolve… L’amore è vita, ed è per la vita».